SENZA TITOLO* LA SCRITTURA UN MERAVIGLIOSO SBALORDIMENTO
percorso di approfondimento con Lisa Ferlazzo Natoli –
rivolto attori/autori ‘professionisti’
da Lunedì 9 – Venerdì 13 Dicembre – fase 1
e
da Lunedi 20 a venerdi 25 Gennaio – fase 2 –
5 giorni di lavoro
h 11:00-18:00 (7 ore al giorno)
con 1 ora di pausa pranzo
verranno selezionati max 12 partecipanti.
Si puo partecipare ad uno solo entrambi le fasi di lavoro
si darà la precedenza a chi potrà frequentare entrambi gli appuntamenti di lavoro di dicembre e gennaio
info e modalità di iscrizione
oggetto della mail : percorso con Lisa Natoli- Nome + Gognome
inviare: foto e cv (se fosse discorsivo meglio) entro e non oltre il 16 Novembre )
alla mail: fivizzano27@gmail.com
aggiungendo il numero di telefono,
note: le conferme verranno inviate entro il 20 novembre ,
SENZA TITOLO*
Voglio che la scrittura mostri come sono complicate le cose e sorprendenti.
Voglio che [i lettori] pensino sì, quella è vita.
Perché è la reazione che ho io di fronte alla scrittura che ammiro di più.
Una sorta di meraviglioso sbalordimento. (Alice Munro)
Questo o questi appuntamenti hanno prima di tutto il senso di un lavorio e di un cantiere d’esperimenti per l’attore con certi testi – per la precisione 3** – sconosciuti, appena tradotti, scelti per la loro natura inedita e singolare. Perché, per quanto banale, credo ancora che un teatro in buona salute abbia bisogno soprattutto d’attori e testi, parole che sappiano traghettarci nel 21simo secolo e attori che possano continuamente allenarsi ai nuovi codici e linguaggi che questo nostro presente cerca e chiede.
Il lavoro dell’attore è una forma stratificata e asimmetrica di scrittura, dove è anche l’attore a doversi caricare la quesitone più importante: ‘cosa richiede un testo? come agisce? cosa nasconde e costruisce?’ Che siano personaggi ‘tradizionali’, figure o persone quelle che il dispositivo teatrale – inteso come scrittura, mondo, tessitura – disegna e desidera, questa è la prima questione. E ogni attore in senso proprio è allora un autore, seppure in filigrana. Perché interpreta appunto, traduce, trasforma e tradisce. Ed è qui che la Munro ci fa da epigrafe.
E allo stesso tempo Qualcuno (lo spettatore) oltre il palco, qualcuno d’importante, chiede a Qualcun altro (l’attore) di essere credibile, convincente – che non significa verosimile, prudente, quotidiano, né riguardo a linguaggi né tantomeno alle azioni che emergono in quel suo stare in scena. Si tratta di qualcosa di sfuggente da acchiappare, che attiene a un allenamento, a un lavorio appunto sui propri mezzi, assolutamente individuali e irreplicabili, e a un ascolto collettivo, azzardato e immaginifico.
Il laboratorio toccherà dunque tre livelli.
Leggere il testo – senza ancora affannarsi a ‘recitarlo’ – farne un’analisi concreta, dalle singole scene all’eredità che una scena lascia all’altra, l’andamento, la direzione, un certo odore. A coppie, terzetti, quintetti (come in musica).
Borbottarselo addosso questo testo o fuori, lasciarlo libero di significare e rivelarne le linee attraverso lo spazio, le posture, gli sguardi. Una prima architettura. E saper dare corpo, voce naturale e spazio – fisico – all’azione drammaturgica.
Costruire esercizi e improvvisazioni collettive con parametri precisi e regole, con immaginazioni e tentativi, sul principio del concertato musicale per ‘innescare’ quell’accadimento/evento che è il teatro stesso nel suo complesso.
Si tratta di un accordo, non esattamente di tecniche o stili, con cui l’attore – grazie a domande buone, uno strumento mobile e un’immaginazione ‘disponibile’ – possa sentirsi suonare ‘con’ quel testo e quel mondo. Si tratta di scoprire che si è cavallo e cavaliere a un tempo, avrebbe detto De Berardinis.
Sarà uno studiare e uno studiarsi – condividere, misurare e conoscersi, sorvegliarsi da un dentro e da un fuori – della e dalla scena .
Certo nessun attore può né deve essere buono per tutte le stagioni, la ‘cup of tea’ di qualsiasi regista per intenderci, o parte della sua squadra di Basket ideale, per usare una metafora che mi piace di più, ma tutti gli attori devono, dovrebbero, pretendere dal proprio mestiere quel sapersi e potersi accordare, in modo nitido e preciso, con i compiti legati al proprio mestiere.
Per concludere, c’è qualcosa nel mestiere del teatro e certamente in quello di ogni attore che mi ha sempre fatto pensare – con un misto di divertimento e disperazione – a Conrad: “Come faccio a far capire a mia moglie che anche quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando?”.
*non ho messo un titolo, un po’ perché ‘SENZA TITOLO’ mi piace, un po’ perché non sono brava con i titoli
**non ho messo volontariamente i titoli dei testi, un po’ perché sono davvero inediti a me consegnati e la riservatezza è tutto, li leggeremo insieme appena il gruppo sarà formato.